MONUMENTS MEN – Siviero, Lavagnino e Rotondi, si impegnarono nella salvezza del patrimonio artistico nazionale nel corso della Seconda Guerra Mondiale

MONUMENTS MEN – Siviero, Lavagnino e Rotondi, si impegnarono nella salvezza del patrimonio artistico nazionale nel corso della Seconda Guerra Mondiale

MONUMENTS MEN

Siviero, Lavagnino e Rotondi

si impegnarono nella salvezza del patrimonio artistico nazionale nel
corso della Seconda Guerra Mondiale
su RAI Storia

La storia di quegli italiani che con coraggio, astuzia e determinazione si impegnarono nella salvezza del patrimonio artistico nazionale nel corso della Seconda Guerra Mondiale. La racconta L’arte in guerra.

E’ la storia di Rodolfo Siviero, agente dei servizi segreti e doppiogiochista, e poi di Emilio Lavagnino, funzionario del Ministero a Roma, e di Pasquale Rotondi, Soprintendente alle Gallerie delle Marche, che si trasformarono in “Monuments Men”, e che si batterono per una missione importante: la salvaguardia dell’enorme patrimonio artistico conservato nei principali musei italiani, tra cui gli Uffizi di Firenze. 

Siviero, Lavagnino e Rotondi, tre uomini, tre storie che si intrecciano nella stessa battaglia contro le razzie dei nazisti e la protezione delle opere d’arte dal “fuoco amico”, dai bombardamenti degli Alleati americani.

È la storia di una vera e propria caccia ai tesori d’arte italiani, portata avanti con coraggio da funzionari che, mettendo a rischio la propria vita, li hanno nascosti in luoghi segreti, oppure recuperati, sottraendoli ai nazisti grazie ad un avventuroso lavoro di “intelligence”. 

L’arte in guerra in onda sabato 7 agosto alle 23.20 su Rai Storia canale digitale terrestre 54 per il ciclo “Documentari d’autore”

Rodolfo Siviero
(Guardistallo, 24 dicembre 1911) è stato un agente segreto, storico dell’arte e intellettuale italiano, noto soprattutto per la sua importante attività di recupero delle opere d’arte trafugate dall’Italia nel corso della seconda guerra mondiale. Intorno agli anni trenta diventa un agente segreto per il Servizio Informazioni Militare italiano. Aderisce al fascismo con la convinzione che solo un regime totalitario possa rivoluzionare il paese per renderlo migliore. Nel 1937 parte alla volta di Berlino – sotto la copertura di una borsa di studio in storia dell’arte – per raccogliere informazioni sul regime nazista. Dopo l’8 settembre 1943 Siviero si schiera con il fronte antifascista. Si occupa prevalentemente di monitorare il corpo militare nazista detto Kunstschutz, corpo istituito originariamente con lo scopo di proteggere il patrimonio culturale dai danni della guerra, ma che sotto le direttive naziste si occupava di trafugare dall’Italia verso la Germania il maggior numero di opere d’arte. Nella casa dello storico dell’arte ebreo Giorgio Castelfranco sul lungarno Serristori di Firenze – oggi nota come Casa Siviero – Siviero si occupa di coordinare alcune delle attività partigiane di intelligence. Dall’aprile al giugno 1944 viene imprigionato e torturato dalle milizie fasciste di Mario Carità nella nota Villa Triste di via Bolognese, a Firenze. Resiste agli interrogatori e, grazie all’interessamento di alcuni ufficiali repubblichini che in realtà collaborano con gli alleati, viene rilasciato. Una volta liberato, “riesce a monitorare le operazioni del reparto del ‘Kunstchutz’, addetto al trafugamento delle opere d’arte, impedisce a Goering di mettere le mani sull’Annunciazione del Beato Angelico” e annota “i contenitori e i vagoni per il trasporto dei 200 capolavori prelevati dagli Uffizi, dal Duomo di Firenze e da altri musei e siti archeologici italiani“. Grazie ai meriti acquisiti nella Resistenza, nel 1946 il Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi nomina Siviero “Ministro plenipotenziario” affidandogli l’incarico di dirigere una missione diplomatica presso il governo militare alleato in Germania con lo scopo di stabilire il principio della restituzione delle opere trafugate all’Italia.

Emilio Lavagnino
(Roma, 22 agosto 1898 ) è stato uno storico dell’arte e critico d’arte italiano. La sua figura può essere accostata a quella di Rodolfo Siviero, per l’impegno da entrambi profuso nella difesa del patrimonio artistico italiano dalle spoliazioni e dai trafugamenti nazisti durante la seconda guerra mondiale. Divenuto ispettore nel 1928, rimase a Napoli fino al 1929, anno in cui fu trasferito alla Soprintendenza ai musei di Roma, che lo portò, nel 1933, alla direzione della Galleria nazionale d’arte antica. La sua carriera fu gravemente compromessa quando il suo atteggiamento politico suscitò i sospetti del regime fascista: ne seguì l’esclusione dal mondo delle belle arti con la nomina a ispettore centrale di seconda classe per l’insegnamento medio. L’attenzione della polizia fascista è testimoniata da una nota inviata nel 1942 a Giuseppe Bottai, Ministro dell’educazione nazionale, si segnalavano i sospetti su suoi perduranti contatti con lo storico dell’arte Giuseppe De Logu, antifascista in esilio a Zurigo. Decisivo fu il suo ruolo nei momenti più tragici e convulsi della seconda guerra mondiale, quando si adoperò con energia alla salvaguardia del patrimonio artistico italiano dai rischi connessi ai trafugamenti e alla messa in sicurezza dai previsti bombardamenti. All’opera di salvataggio del patrimonio artistico italiano, la figlia Alessandra Lavagnino, ha dedicato un romanzo, Le bibliotecarie di Alessandria[3], ispirato alla vita di entrambi i genitori. La vicenda ha anche ispirato il regista Vittorio Salerno in Lavagnino – Diario di un salvataggio artistico, del 2007.

Pasquale Rotondi
(Arpino, 12 maggio 1909) è stato uno storico dell’arte italiano. È noto per aver salvato durante la seconda guerra mondiale circa diecimila opere d’arte italiane dalla distruzione e dal saccheggio delle truppe naziste. Nel 1939, nominato Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche, fu incaricato dal Ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai su idea del funzionario Giulio Carlo Argan – amico di Rotondi – di individuare, trasportare e custodire in un luogo sicuro un cospicuo numero di opere d’arte per proteggerle dai rischi della guerra imminente. Tale operazione di salvataggio, condotta nella massima segretezza ed avventurosamente coordinata da Rotondi nel corso dell’intero conflitto, permise di salvaguardare da distruzioni e razzie quello che fu da lui stesso definito “il raggruppamento di opere d’arte più importante mai realizzato al mondo”. Rotondi dapprima scarta Urbino poiché sede di un grande deposito dell’aeronautica, facendo così cadere l’ipotesi di dichiarare Urbino “Città aperta”. In seguito individua come luoghi idonei alla custodia la Rocca di Sassocorvaro nel Montefeltro, il Palazzo dei Principi di Carpegna ed i sotterranei della Cattedrale e del Palazzo Ducale di Urbino. Al diffondersi della notizia tra gli addetti ai lavori, le opere da nascondere cominciano ad arrivare dai musei e dalle chiese di Venezia, Urbino, Pesaro, Fano, Ancona, Lagosta, Fabriano, Jesi, Osimo, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno. Nei successivi anni furono nascoste 7.821 opere d’arte fra le quali dei capolavori di Giorgione, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Carlo Crivelli, Carpaccio, Mantegna e Raffaello.

le fonti wikipedia
foto di copertina Durer Collection

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